Come scegliere tra vecchio e nuovo Regime dei minimi

Con la conversione del decreto Milleproroghe pubblicata lo scorso 28 febbraio in Gazzetta Ufficiale, a conferma del recepimento di critiche e proposte avanzate dopo il decreto del 24 dicembre, sono state introdotte importanti novità in merito alle partite iva. La più importante stabilisce che chi guadagna fino a 30mila euro, per tutto il 2015 potrà optare sia per il nuovo Regime dei minimi con l’aliquota forfettaria al 15 per cento come previsto dalla Legge di stabilità, sia per il vecchio Regime al 5 per cento ma con il limite fino a 5 anni o al raggiungimento dei 35 anni d’età.

Differenze tra vecchio e nuovo Regime dei minimi

Proprio l’addio ai minimi aveva provocato infatti una vera e propria corsa all’apertura di partite iva a dicembre 2014, con un aumento addirittura del 203,4 per cento rispetto a dicembre 2013. Ora che la possibilità di aderire al vecchio Regime è stata prorogata per tutto il 2015, le persone fisiche che avviano una nuova attività nel 2015 sono nella condizione di valutare in presenza dei requisiti richiesti se scegliere il vecchio o il nuovo Regime.

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Cosa considerare nella scelta

Restano tuttavia da considerare alcuni aspetti, prima di effettuare una scelta tra vecchio e nuovo Regime dei minimi:
1. occorre segnalare quale Regime si intende adottare già nella dichiarazione di inizio attività; il contribuente dovrà quindi indicare sulle fatture emesse la norma che permette l’esclusione dall’applicazione dell’iva. Per quelli che hanno già fatturato e volessero scegliere diversamente, è consentito annullare le fatture e riemetterle con il Regime prescelto;
2. nel regime forfettario il reddito da lavoro autonomo o impresa deve essere superiore a quello da lavoro dipendente o assimilato. Pertanto un contribuente pensionato che inizia una nuova attività difficilmente potrà beneficiare del regime forfettario, mentre in quello dei minimi non esiste la necessità di eseguire tale confronto;
3. se a consuntivo i ricavi o compensi di una nuova attività superano la soglia prefissata, si esce dal Regime solo a partire dal periodo d’imposta successivo, ma nel Regime dei minimi occorre fare attenzione che il superamento della soglia non sia superiore del 50 per cento rispetto al tetto previsto, poiché in tal caso già dall’anno in corso verrebbe azzerato il regime agevolato, con pesanti conseguenze sul fronte dell’Iva che occorrerebbe riaddebitare dall’origine. Ciò non accade nel regime forfettario, dove la posizione fiscale rimane inalterata per tutto l’anno dell’eventuale superamento;
4. a prima vista l’imposta sostitutiva del 5 per cento può sembrare più conveniente rispetto al 15 per cento. Va però considerato che nel regime forfettario vengono riconosciuti costi forfettari mentre nel Regime dei minimi è necessario documentare gli effettivi costi sostenuti;
5. le nuove attività nel regime forfettario hanno diritto all’abbattimento di un terzo del reddito per i primi tre anni oltre alla possibilità, riservata a commercianti e artigiani, di fruire del regime contributivo agevolato che prevede il pagamento dei contributi senza considerare il minimale fisso, che in molti casi costituisce un notevole aggravio. Queste ultime agevolazioni non sono previste nel regime dei minimi.

Blocco delle aliquote

Altra novità importante introdotta dalla conversione il legge del decreto Milleproroghe è il blocco al 27 per cento dell’aliquota 2015 per i contributi dovuti alla Gestione separata Inps da parte dei titolari di partita iva non iscritti a un’altra forma di tutela previdenziale, mentre nulla cambia per i non titolari di partita iva per i quali l’aliquota resta al 30,72 per cento e per i pensionati o iscritti a un’altra gestione previdenziale obbligatoria per i quali l’aliquota resta al 23,5 per cento.

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