Il cielo è blu dietro il cloud

Il cloud cresce e piace, anche se qualche dubbio resta. Da una ricerca che ha coinvolto 740 professionisti senior dell’information technology sul tema delle preoccupazioni legate all’adozione di cloud computing, commissionata dal colosso americano Compuware, emerge ad esempio che il 79 per cento dei professionisti ne reputa ancora oggi carenti le garanzie di performance.

Fiducia al cloud grazie all’arte
Forse quella metafora della nuvola spiega il motivo, più psicologico che reale, di questa diffidenza. Se infatti la sicurezza del cloud è dimostrabile, l’immaterialità spaventa ancora. Una mano a smantellare i luoghi comune potrebbero però darla due artisti. Timo Arnall, inglese, e l’italiano Diego Caglioni hanno messo a punto (indipendentemente l’uno dall’altro) due progetti analoghi: artisti concettuali votati al digitale, hanno realizzato rispettivamente un video e una registrazione all’interno di webfarm e datacenter con l’obiettivo di fissare e rendere pubblico il “suono della nuvola”.

Oltre il mito
Quel continuo ronzio, sordo e costante, è infatti prova della materialità del cloud: nulla di poeticamente evanescente, ma piuttosto reale e sofisticatissima tecnologia che produce rumore e calore per custodire i dati di milioni di utenti. Il video di Arnall, direttore creativo presso l’agenzia Berg di Londra specializzata in soluzioni cloud e ricercatore alla School of architecture and design di Oslo, si intitola Internet machine: sei minuti di girato realizzati dentro il data center di Telefónica ad Alcalà, in Spagna. «Ho voluto guardare oltre il mito fanciullesco della nuvola per investigare come appaiono davvero le infrastrutture di Internet», ha spiegato.

Un’immaterialità indispensabile
Discorso analogo per il nostro connazionale: Caglioni, che a Milano ha registrato il suono dei datacenter di Seeweb (l’azienda i cui server, a Frosinone, ospitano Fattura Sprint), ha spiegato che «per la maggior parte delle persone un server è un’entità astratta situata chissà dove». Il suo obiettivo è quindi, con l’opera concettuale che realizzerà grazie alla traccia registrata, quello di descrivere queste nuvole ormai entrate nella nostra vita. Ma perché proprio il suono? «Una musica o un rumore riescono a scavare in profondità nei nostri ricordi in un modo più immediato e viscerale», spiega. Da ex studente di biotecnologie a indirizzo informatico, poi diplomatosi all’Accademia di belle arti, Caglioni ne sa qualcosa: «Ormai tutti offrono servizi basati su questo concetto», conclude, «e volente o nolente la sua efficienza e comodità sarà indispensabile».

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